lunedì 24 maggio 2010

Summer Student Festival 2010 - Venerdì 4 Giugno LUKE ABBOTT (UK, Border Community) + Fauve! gegen a Rhino @ Golena San Massimo, Padova:

Venerdì 4 Giugno 2010 @ Golena San Massimo, Padova:

LUKE ABBOTT
(UK, Border Community)






lukeabbottmusic.blogspot.com/ www.myspace.com/lukeabbottmusic



D: Ciao James! Volevamo portare al SSF10 un live set bomba
della tua Border Community, suggerimenti?
R: Due possibilità. La prima è: se avete i soldi fate Nathan Fake.
D: Ehm… l’altra?
R: Allora Luke Abbott, è il vostro uomo: arpeggio krauto, melodia scintillante e beat cinematematico quanto basta.

Detto fatto: al SSF
10 sbarca la seconda linea della Border Community, etichetta faro del dancefloor ragionato, capeggiata dal James Holden di cui sopra.
Ennesimo talento diasporizzato dall’infausto naufragio della Output Recordings a metà decennio, Luke Abbott da Norfolk ha fortunatamente trovato approdo discografico sicuro tra le rilassanti colline e i simpatici mulini a vento disegnati a mano della Border Community, paesaggio in cui si è totalmente integrato centellinando uscite personalissime ma sempre in linea con il sound dell’etichetta.
Due anni fa usciva Tuesday EP, 6 brani, una gemma
di 22 minuti, e su tutti luccicava l’estatica Melody120.
A fine 2009 arrivano altri 24 minuti di visioni orbitali post Aphexiane, il titolo è Whitebox Stereo e questa volta le tracce paiono più scure e dissonanti per ricomporsi poi in infallibile logica melodica lungo la timeline.

+ FAUVE! GEGEN A RHINO




www.myspace.com/fauveisaband

Avere vent’anni, stare a Firenze, fare la propria cosa sapendo che nessun altro dalle tue parti la fa. Darsi un nome sassone, composto, bestiale e orientarsi verso il mondo: Fauve! gegen a Rhino sono il qui e ora, le otto tracce del loro nuovo demo “Geben” evocano colori in namedropping (per gli interessati, le influenze sono squadernate sullo space, e sono tutte quelle che potete immaginare nel 2010).

Une fauve: c’est née! debutta in società facendo pulizia del superfluo, risuonando folktronica di pecore elettriche. Carol introduce elementi che tarzaneggiano fra le liane avulse della parola, della chitarra, del noise e della variabile inconsulta. Finisterrae non è la fine del mondo, c’è ancora lugubre attesa in apparente stasi che è decisione sul da farsi prima di macroesplodere dallo spleen oceanico. Agorà è spazio aperto, lo dice la parola stessa: un martello analogico che inchioda alla parete il presupposto Battles di certa elettronica Rechenzentrum, storpiata dal replay in loop. A history, an angel: vento e sintesi sperimentale facile, procedono le chitarre prima roche poi in disarmo sopra un modesto bit economico, indi di nuovo tese nel garage. Buskash langue al funerale che dimentica il generatore acceso e una scarica di effetto-telefono in glitch si addensa sul turbine di chitarre malate. Interlude (flaneur… piano) comincia sempre alla stessa maniera col reverbero digitale, stasi krauta di valvole e pianoforte richter in una stazione spaziale, Uilab che impazziscono. Parousia il brano migliore, scheggia di primi anni duemila islandofili e Morr, comincia a vivere dopo 1′20″, subentrano strumenti e sui due minuti si costruisce il frullato che monta tra convulsioni acide e cardiologia IDM, campioni, ipnagogia lo-fi e spleen Animal Collective presto dilaniato dalle motoseghe grindy, la pazza canta la sua ninna nanna quando il bombardamento svanisce e volteggiano elicotteri, undici minuti di trip che si rigonfia di bassline sporgente e arpeggi grevi che spazzolano i minuti e fanno un deserto calpestato da una sola, finale ambulanza. Fossero canadesi arriverebbero d’importazione e tutti giù a farne un culto, scommettiamo?

Courtesy of ItalianEmbassy


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