giovedì 18 dicembre 2008

venerdì 12 dicembre 2008

Pulse#104: Sylvain Chauveau @ Teatro Ruzante, Padova - Ven 12 Dicembre

A.S.U. presenta:

pulse#104

Sylvain Chauveau

( Type/Fat Cat - Fra )


classica contemporanea, elettroacustica, ambient sperimentale
, minimalismo pianistico,

www.sylvainchauveau.net www.myspace.com/atkinsonchauveau


VENERDI 12 Dicembre, ore 22
Teatro Ruzante
Riviera Tito Livio , Padova

Dopo aver attraccato l'astronave multicolor di YACHT e consorte alla ziggurat dello StalkeR*eloaded ed archiviato il suo set per powerpoint supersonici, passiamo a rilevare sul radar il prossimo oggetto non identificato, proveniente da tutt'altra galassia.

Questo ulteriore alieno (l'ultimo per il 2008 pulse!) è uno dei personaggi più timidi e stimati della scena contemporanea europea, e sarà impegnato domani al teatro Ruzante in un set per pianoforte, voce e laptop.

Partito da esperienze (post?)rock, e scopertosi visceralmente innamorato degli immortali Debussy, Ravel e Satie, (il ragazzo è pure patriottico a suo modo) reinterpretato con sensibilità sperimentale e con una interiorizzata coscienza della lezione di altri connazionali illustri quali Pierre Schaeffer e Pierre Henry, i pionieri della musica elettroacustica negli studi della RTF, il percorso artistico di Sylvain Chauveau è unico e coerente, mai scontato.
Le seguenti linee guida (wikipedia) ci dicono qualcosa di più di questo compositore che nonostante l'uso disinvolto di strumenti di matrice classica (archi, fiati, piano ), spesso incasellato nel ruolo di autore di musica elettronica, continua orgogliosamente a definirsi un musicista rock (ce ne fossero...)

* to stay as close as possible to the abstract beauty of 'silence';
* to make sure that each sound committed is absolutely necessary
* to find his own roots within his cultural and personal history.

ed in effetti è difficile ascoltare qualcosa di più umano e personale del materiale prodotto nel corso degli anni da Chauveau per etichette di culto quali le inglesi Fat Cat, Type e la francese Les Disques du Soleil et de l'Acier, tutti dischi eligibili a colonne sonore esistenziali di momenti intensi della vita di ciascuno di noi (e poi i titoli, sempre assoluti: Le Livre Noir du Capitalisme, Nocturne Impalpable, Un Autre Décembre, Nuage...)
A riprova della sua estrazione rock e scura Chauveau, nel 2005 tira fuori inaspettato, ma nemmeno troppo, un album di cover dei Depeche Mode in modalità acustica, una dichiarazione di amore ed un vero gioiello, in cui Sylvain oltre a confermarsi interprete delicato al piano e sapiente arrangiatore, si scopre voce appassionata ed emozionante.
Un assaggio
qui

Detto ciò, prima di lasciarvi alle solite recensioni, un link di conforto (respect,
discarica emozionale!) e, con l'ottica di trovare un buon motivo per un'ulteriore newsletter pre-2009, un augurio che dopo queste giornate di pioggia (maledetta!) cominci, appunto, un altro dicembre.
A domani dunque!


Audio/Video

sul sito alla pagina Mp3 è disponibile un brano in ascolto per ogni sua uscita discografica.
il myspace nel mio browser qui non carica il player... uff
ma qui ci sono quelli dei vari progetti paralleli di Sylvain, ON ed ARCA

http://it.youtube.com/watch?v=oLqM_69nurA&feature=PlayList&p=571608D68EF3D07C&index=0&playnext=1
http://it.youtube.com/watch?v=YZlEX-Qn7JE



Recensioni
Il francese Sylvain Chauveau può essere annoverato tra le figure più interessanti e prolifiche della nuova scena maudit francese. Un talento originale, irrigato dall'amore incondizionato per i compositori Debussy e Ravel, e per l'opera dell'esistenzialista Camus. Tradizione classica e ricerca sperimentale rappresentano un continuum filologico i cui esiti stilistici hanno lusingato e affascinato nei diversi progetti di gruppo Watermelon Club, Micro:mega e Arca. Con Le Livre Noir Du Capitalisme - uscito nel 2000, ora ristampato dalla Disques Du Soleil et de l'Acier - Chauveau dà seguito ad una personale ricognizione introspettiva, una discesa ipnagogica nel mare magnum dell'incoscio.

Il mirabile prodotto euristico è tutto qui, in queste tredici perle fulgide del simbolismo più arcano, di poetica agnizione. Bozzetti cameristici in bianco e nero dipinti da violini lemuri e da ricamate visioni elettroniche retrò, lasciano le orme ai solipsismi stranianti delle note di pianoforte; tra pathos e requiem di obnubilante bellezza, gli intarsi di samplers metropolinati e agresti contribuiscono a ricreare movimenti vividi, dall'impatto fortemente cinematografico, vedi l'iniziale incipit di Et peu à les flots... e l'elegiaca JLG tributo solenne a Jean-Luc Godard. Le composizioni del giovane di Toulouse rimandano inequivocabilmente alle cosmogonie artistiche di referenti assoluti come Satie, Cage, Yann Tiersen, e perché no, alle medievali raffigurazioni dei Dead Can Dance di Within The Realm of a Dying Sun. Un'opera incantevole e raffinata, che sa schiudere, all'ascoltatore in grado di abbandonarsi alle sue catartiche spirali crepuscolari, inestimabili percezioni visivo-uditive. Capolavoro d'altri tempi. (9.0/10)
http://www.sentireascoltare.com




Attraverso variazioni compositive quasi impercettibili, Chauveau riesce a fornire molteplici sfaccettature della sua sensibilità artistica, dimostrando di trovarsi a proprio agio tanto con semplici pièce pianistiche ridotte veramente all'osso, quanto lavorando sui brani in maniera incrementale, a partire da spoglie intelaiature armoniche, sulle quali vengono inseriti gli archi a fare da raccordo. Esempi evidenti della prima modalità espressiva sono riscontrabili nelle due brevissime schegge "Symptôme N°2" e "Symptôme N°1", entrambe al di sotto del minuto di durata eppure perfettamente compiute, mentre molteplici illustrazioni della seconda sono sparse attraverso tutte le diciannove tracce comprese in questo lavoro, lungo il quale gli archi enfatizzano la fragilità della sovente iterazione di poche note di pianoforte, completandone l'intensità romantica e dando luogo anche ad alcune composizioni più articolate, quali "Fly Like A Horse" e "Vers Les Montagnes", nella quale ultima assumono anzi preponderanza esclusiva, disegnando cupe volute cameristiche da far trattenere il respiro.
http://www.ondarock.it













Intervista

La tua musica ha radici profonde che derivano dalla classica: Debussy, Ravel e Satie, ma anche nella “musique concrète” o nella scuola elettro-acustica di Pier Henry e Luc Ferrari. Allo stesso tempo ti fa piacere se il tuo suono viene qualificato come post rock. Mi dai una mano a mettere in ordine le idee?

Si ci sono un sacco di riferimenti a tutti gli artisti che hai citato, ma io provengo dal rock, questo è il tipo di musica con cui ho iniziato quando ho cominciato a suonare, in verità molto tardi a 19/20 anni. Comunque dopo essermi cimentato a cantare e a suonare la chitarra ho voluto sperimentare dell’altro perché volevo smettere di ripetere le stesse cose dei gruppi inglesi o americani che mi piacevano. Allora mi sono detto, il massimo che posso dare in quest’ambito è esattamente quello che sto facendo, perciò devo trovare qualcosa di diverso.

‘Ok sono francese, ho questo accento francese ed ho anche un altro background culturale da cui posso tirar fuori qualche idea’. Questo è il motivo per cui ho guardato alla musica del mio paese, e mi sono chiesto cos’è la musica francese? Mi sono venuti in mente questi nomi, famosi compositori di musica classica come Debussy, Ravel, Satie, Fouret. Ho pensato che potevo prendere gli strumenti che loro usano, come piano e archi, e magari potevo fare qualcosa mescolando questi al rock. Per cui si, credo che la mia musica sia rock, ma sono l’unico a saperlo perché in verità non suona come tale, bensì molto tranquilla, musica da camera. Se però ascolti attentamente si tratta di strutture che derivano dal rock, melodie semplici, ripetizioni …

Quindi ciò che è fondamentale per te è l’attitudine?

Non intendo esattamente questo, quello che è veramente importante per me è la musica, ma dovevo trovare qualcosa di diverso, un’idea. Per me è un modo per inventare qualcosa, ovviamente non si tratta di musica nuova, in verità è musica di un altro secolo addirittura, ma il modo in cui la compongo deriva dal rock, la filosofia del “do-it-yourself”, del punk rock, ecco per me si può parlare di punk rock!

“Down to the bone” è un album di musica da camera in cui rifai dei pezzi dei Depeche Mode. Hai ricevuto qualche commento da parte di Dave Gahan?

Dave Gahan, non ha mai ascoltato l’album, e nessun’altro della band l’ha fatto. Lo so per certo perché ho incontrato Daniel Miller il boss della Mute Records, a cui qualcuno aveva dato il mio disco e lui l’aveva ascoltato, così quando abbiamo avuto occasione di parlarne mi disse che gli era piaciuto molto. Mi confidò però anche che nessuno della band l’aveva voluto ascoltare e ho capito che questa era l’ultima cosa al mondo che avrebbero voluto, perché ci sono così tante cover dei Depeche Mode che spuntano ogni settimana in tutto il mondo, ed è pazzesco perché loro stanno suonando ancora queste canzoni da 25 anni, per cui quando tornano a casa non hanno nessuna voglia di ascoltare altri album che rifanno i loro pezzi.

Ti sei divertito però a fare quell’album?

Beh posso dire che ora è molto divertente eseguire questi pezzi live, mi piace suonarle di fronte ad un pubblico, cantare con lo stream player e il piano, questo è molto bello. Ma lavorare sul disco e registrarlo è stato veramente pesante, un incubo.

Mi ci sono voluti 8 anni, tempo per trovare gli strumenti adatti, gli arrangiamenti migliori, dei buoni musicisti, l’etichetta e ovviamente i soldi per registrarlo. Per cui è stato un lavoro terribilmente lungo. Inoltre è difficile cantare in studio, perché devi essere perfetto per registrare, ho impiegato ore e ore sempre sulla stessa canzone. E’ stato pesante, ma quando sono davanti ad un pubblico mi lascio andare e cerco solo di divertirmi anch’io.

Il tuo ultimo album “Nuage” raccoglie due colonne sonore che hai creato per il cinema. Me ne parli un po’? Ad esempio, hai visto il film prima di iniziare a comporre?

Si Nuage era la colonna sonora per un film dal medesimo titolo il cui regista è il francese Sebastien Betbeder. Ho lavorato con lui per tutto il tempo, ho creato la musica per quasi tutti i suoi film per cui conosco molto bene i suoi lavori e lui la mia musica. Il lavoro sulle musiche è cominciato prima che il film cominciasse ad essere girato, abbiamo prima chiarito l’ambientazione e poi insieme ci abbiamo lavorato da subito.

C’è addirittura una scena in cui io compaio e suono la chitarra in un live …

E com’è andata?

Mah, per me è stato terribile e credo che siano state eliminate molte parti delle riprese perché erano veramente pessime, io non dovevo dire assolutamente nulla, ma anche solo il modo di guardare in camera era tremendo, credevo di non farcela mai. Comunque abbiamo lavorato molto bene insieme anche perché il regista ,Sebastien, è appassionato di musica e sa bene quello che vuole e ciò che invece non gli piace, per cui è stato un procedere fianco a fianco sulla musica e spero che questa collaborazione prosegua ancora nel tempo.

Quando sei arrivato alla Fat Cat? E ti va di raccontarmi della terribile esperienza alla DSA?

Sono arrivato alla Fat Cat, semplicemente mandando loro una demo come chiunque altro, è stato tanto tempo fa, avevo appena fatto un album e l’etichetta non mi stava pagando, purtroppo questa è una storia che capita spesso, così mi guardavo intorno per cercarne una nuova per il secondo album.

Ho contattato credo 10 etichette ma Fat Cat mi rispose dopo circa 3 mesi dicendomi che per loro era ok e che erano favorevoli a realizzare un disco insieme. Ad ogni modo prima di loro io ero ancora registrato su un’altra etichetta, la DSA, e l’ultimo mio album stava per uscire lì, allora resi subito chiaro il fatto che nonostante ciò io volevo registrare ugualmente un album per Fat Cat.

Mi decisi a fare una sorta di Ep dal titolo “Un Autre Décembre” che uscì nel 2003, restando comunque ancora sotto contratto anche con DSA, io ho pensato ‘bene è una buona etichetta’, in realtà dopo pochi anni hanno smesso di pagarmi e quando uscì quell’album di cover dei Depeche Mode che vendette 9.000 o 10.000 copie, io non vidi un soldo e nemmeno ci conto più. Mi hanno dato 200 euro da poco, ma non c’è niente da fare è incredibile.

Ma si trattava di un’etichetta giovane? Non che questo giustifichi tale comportamento, ma magari può essere significativo in termini di serietà e affidabilità …

No, l’etichetta non era giovane, la DSA ha più di 25 anni … ho realizzato poi che avrebbero fatto lo stesso con chiunque altro. A meno che tu non lo sappia da prima. E’ pazzesco, non immagini il numero di case discografiche che non pagano i loro artisti, sono tante, anche le più grandi. Ho conosciuto molti musicisti che escono per loro e che mi hanno detto, sanno perfettamente che non verranno mai pagati per le vendite … per cui ‘benvenuto nel club mi dico’ …

Hai mai sentito parlare della youtube orchestra? Un’orchestra i cui musicisti vengono reclutati da tutto il mondo solamente attraverso dei video su youtube. Cosa ne pensi?

Sono molto attratto da youtube, ma non sapevo nulla di questa storia, anzi grazie, wow potrebbero anche creare una sorta di orchestra di persone che suonano in luoghi separati e allo stesso tempo puoi sentire ciascuno suonare in modo indipendente. Mi piace certa musica che trovo su youtube, a volte ci sono delle cose incredibili, ad esempio hai mai sentito di questo tizio Jerry Philips, lui crea musica solamente con le mani facendo pressione l’un l’altra. Ma ce ne sono moltissimi altri sul genere che mi fanno impazzire.

Io ho in mente ora di un tizio, tale monssieur trompette che suona qualsiasi melodia attraverso i claxon che ha appesi su tutto il corpo …

Si si l’ho visto incredibile, è una sorta di virtuoso del claxon … un’altra cosa che mi lascia sempre a bocca aperta sono le “rap battles” , in cui rapper si sfidano improvvisando e il pubblico sceglie applaudendo il preferito. So che ora si sfidano anche attraverso i video su youtube. Anch’io vorrei partecipare una volta, mi piacerebbe davvero! Appena arrivo a casa me ne guardo uno!

Intervista a cura di Daniela Cia

Evento realizzato con il sostegno dell'Università di Padova




mercoledì 10 dicembre 2008

YACHT (DFA, USA) - MER 10 Dic @ StalkeR*eloaded

Mercoledì 10 Dicembre:
YACHT
(DFA, USA)
@ StalkeR*eloaded c/o AltrAgricoltura

StalkeR*eloaded c/o AltrAgricoltura Nord Est, C.so Australia 61, Padova(vai qui per le indicazioni per arrivare)



YACHT fosse per noi lo si sarebbe fatto ancora a maggio, ma un tour serrato complicò un po' tutto.
Essendoci ripromessi di rimediare, eccoci qui a dicembre a preparare l'attracco di YACHT/Jona Bechtolt al porto Pulse.
Nel frattempo c'è stata una una simpatica novità, a riprova del fatto che non ci si era sbagliati: a seguito del tour di primavera 2007 con LCD Soundsystem, YACHT è il nuovo ed azzeccatissimo ingresso nella scuderia DFA di James Murphy.

(vi ricordate i PrinzHorn Dance School incontrati quest'anno al Summer Student Festival? dovevano essere loro gli apripista nel tour americano di James Murphy e soci, ma qualcosa andò storto, e i visti per l'entrata in America non arrivarono - terroristi?)

Gli andò bene dunque, e d'altra parte il personaggio è di quelli che non potevano nel proprio eclettismo ed iperattività espressiva non risvegliare il fiuto per talenti di James Murphy.
Nè al ragazzo mancava il pedigree: batterista e collaboratore di Devendra Banhart quando questo moltiplicava pani e pesci, compagno di tour di un sacco di oramai icone (oltre a LCD, Architecture in Helsinki, Dirty Projetors, Vampire Weekend, Tussle... ), remixatore richiestissimo (Stereolab e Ratatat per dirne solo le più recenti), Jona Bechtolt ha percorso un cammino che l'ha portato dalla cameretta a fronteggiare pubblici affollati senza per questo perdere un filino della smaliziata genuinità che ne è stato sempre il tratto distintivo.

Il suo "I believe in You, Your Magic is Real" è stato sicuramente una delle uscite più indovinate del 2007, e per quanto manchi a tratti di omogeneità, è un colorato ricettacolo di ottime canzoni: qui le lezioni rock di Pixies, VU e anche esperienze più recenti come Akron/Family o Supersystem/El Guapo felicemente si accoppiano con strutture semplificate e voci catchy (una su tutte la zuccherosa I Believe in You, o in alternativa la iniziale So post all 'em).
Non mancano poi gli elementi techno-deviati dalle presenza di soggetti di primo piano (e quindi via al delirio tribal/strobo di Platinum in compagnia di Bobby Birdman, o alle bassline siderali di All the Same Price con Eats Tapes come copilota) ma anche qui il tutto continua ad odorare di elettronica casalinga e di bassliner con potenziometri impolverati, aggiungendo al tutto quel tocco DIY che bisogna ammettere essere una marcia in più.

Nel frattempo il progetto esistenziale YACHT si espande, sia in termini professionale (Jona lascia definitivamente Blow, il progetto di cui era cotitolare) sia in termini sentimental/collaborativi, includendo ora la compagna Claire Evans.

E proprio con lei rilascia il singolo che suggella l'entrata in DFA: dichiaratamente una "love letter" per LCD Soundsystem, proprio in memoria del tour condiviso, Summer Song ne riprende sonorità e stile suonando come un personale tributo.
Qui trovate il video low budget girato dal compaesano Judah Switzer (lo stesso di Kiss per Scout Niblett in coppia con Will Oldham)


Per chiudere citiamo un po' di attività extracurriculari di quello che è sicuramente uno degli agitatori principali della movimentata scena artistica di Portland, Oregon: designer a tempo perso,
artista genericamente multimediale (ha escogitato performance/installazioni presso diversi istituti d'arte contemporanea: Pompidou, MoMA ), è fondatore e motore di una blog community aperta con oggetto specifico la cittadina di Portland, nonché idatore di un contest/deathmatch per blogger!

Non dimenticate poi che Jona è un ballerino dinamico e pronto a tutto: i suoi show sono assolutamente aerobicoinvolgenti e l'interazione con il pubblico è a livelli altissimi (anche nei momenti più complicati)
Siete dunque tutti esortati a venire se non con l'intenzione esplicita di ballare, almeno con la piena disponibilità a spassarvela.







YACHT - Summer Song from Jona Bechtolt on Vimeo.



See A Penny (Pick It Up) from Jona Bechtolt on Vimeo.

venerdì 5 dicembre 2008

prossime cose

solito post-it di aggiornamento sui prossimi appuntamenti Pulse:



Venerdì 12 Dicembre: Sylvain Chauveau (Type, Fra) @ Teatro Ruzante
http://www.sylvainchauveau.net/

giovedì 4 dicembre 2008

Hauschka (Fat Cat, De) @ Teatro Ruzante, Padova Venerdì 5 Dicembre



































La prima volta che sentimmo parlare di Hauschka fu quando invitammo Vert a suonare al SummerStudent Festival 07, ci disse che nell'ottobre successivo avrebbe partecipato ad un importante evento di musica contemporanea a Dusserdolf dedicato a e con Michael Nyman.

Del maestro del minimalismo pianistico avrebbe interpretato insieme ad un talentuoso e promettente pianista tedesco una revisione di alcuni brani.
Il Pianista era appunto Volker Bertelmann, i cui concerti per piano preparato e il disco uscito su Fat Cat all'inizio dell'anno, Room To Expand, stava deliziando pubblico e addetti ai lavori.
Altre notizie e conferme nel frattempo arrivavano da parte di altri artisti che hanno avuto l'occasione di collaborare con lui o di condividerne il palco: una su tutti Colleen che nell'inizio del 2008 ha partecipato ad un riuscito tour giapponese con lui, e per ultimo lo stesso Rafael Anton Irisarri che ha assistito a svariati concerti del tedesco, molti da spettatore e alcuni da musicista invitato alle medesime manifestazioni, che li racconta come un'esperienza ad alto tasso emotivo/tecnico, nonché come vere e proprie occasioni al limite del didattico (termine che va inteso nella sua accezione divulgativa positiva: restando in ambito pianistico, pur su altri livelli di popolarità, quantomeno in Italia, il riferimento che spunta ogni tanto è quello delle performance "illustrate" di Bollani...) per approfondire la conoscenza delle pratiche di modifica/preparazione del pianoforte (ah... John Cage!)

Nella sua produzione discografica, Hauschka mischia le singolarità che gli interventi sulla cordiera del pianoforte producono con materia elettronica (non dimentichiamo che viene comunque dalla città culla dell'elettronica tedesca), giungendo ad una sintesi che nella forma richiama paradigmi della classica contemporanea e del minimalismo pianistico, ma che nella sostanza bene interpreta, come brani e canzoni, un romantico sentire contemporaneo.
I martelletti percuotono non più le sole corde del pianoforte ma una struttura complessa di oggetti in reciproca e differenziata interazione, architettata al fine di emettere suoni inaspettati e permettere tessiture ritmiche/percussive che poco hanno da invidiare ai più celebri cesellatori elettronici degli ultimi anni.
Interessante è poi scoprire come sonorità che di primo acchito siamo portati ad interpretare come frutto di elaborazioni elettroniche siano in realtà totalmente frutto di opportune interazioni fisiche meccaniche, e realizzarlo dal vivo è sempre un piacere.


L'artista, come spesso accade quando la materia musicale è talmente delicata e di buona fattura, si presenta come una persona deliziosa: guardare per credere (è uno spezzone tratto appunto dal succitato tour giapponese in compagnia di Colleen)


Due sole date per questa discesa in suolo italico di Hauschka (qui e Udine)




Biglietti
ingresso su prenotazione per iscritti a newsletter Pulse: 7 euro
N.B. un'indirizzo mail = una prenotazione... no mail cumulative/familiari, (così sappiamo che siete iscritti!)
scrivete a bnlze@yahoo.it al solito, oppure qui sul blog trovate il form di iscrizione in alto a dx...
per il resto del mondo: 9 euro


Audio/video
sul web:
sito: http://www.hauschka-net.de
myspace: http://www.myspace.com/hauschka
etichetta: http://fat-cat.co.uk/fatcat