venerdì 27 marzo 2009

Estratto video + Intervista: Sylvain Chauveau - pulse#104 @ Teatro Ruzante




Introduciamo con questo una nuova tipologia di post, retroattivi diciamo. Ove possibile comprenderanno estratti video di alcuni degli eventi passati, interviste ed eventuali report.
Buone cose!



Si parte con Sylvain Chauveau, pulse#104 - teatro Ruzante Padova 12.12.2008
Il brano eseguito nel video è:
La Lettre Qu'il N'Envoya Jamais,
tratto da

Un Autre Decembre ( Fat Cat, 2003 )









Intervista

La tua musica ha radici profonde che derivano dalla classica: Debussy, Ravel e Satie, ma anche nella “musique concrète” o nella scuola elettro-acustica di Pier Henry e Luc Ferrari. Allo stesso tempo ti fa piacere se il tuo suono viene qualificato come post rock. Mi dai una mano a mettere in ordine le idee?

Si ci sono un sacco di riferimenti a tutti gli artisti che hai citato, ma io provengo dal rock, questo è il tipo di musica con cui ho iniziato quando ho cominciato a suonare, in verità molto tardi a 19/20 anni. Comunque dopo essermi cimentato a cantare e a suonare la chitarra ho voluto sperimentare dell’altro perché volevo smettere di ripetere le stesse cose dei gruppi inglesi o americani che mi piacevano. Allora mi sono detto, il massimo che posso dare in quest’ambito è esattamente quello che sto facendo, perciò devo trovare qualcosa di diverso.

‘Ok sono francese, ho questo accento francese ed ho anche un altro background culturale da cui posso tirar fuori qualche idea’. Questo è il motivo per cui ho guardato alla musica del mio paese, e mi sono chiesto cos’è la musica francese? Mi sono venuti in mente questi nomi, famosi compositori di musica classica come Debussy, Ravel, Satie, Fouret. Ho pensato che potevo prendere gli strumenti che loro usano, come piano e archi, e magari potevo fare qualcosa mescolando questi al rock. Per cui si, credo che la mia musica sia rock, ma sono l’unico a saperlo perché in verità non suona come tale, bensì molto tranquilla, musica da camera. Se però ascolti attentamente si tratta di strutture che derivano dal rock, melodie semplici, ripetizioni …

Quindi ciò che è fondamentale per te è l’attitudine?

Non intendo esattamente questo, quello che è veramente importante per me è la musica, ma dovevo trovare qualcosa di diverso, un’idea. Per me è un modo per inventare qualcosa, ovviamente non si tratta di musica nuova, in verità è musica di un altro secolo addirittura, ma il modo in cui la compongo deriva dal rock, la filosofia del “do-it-yourself”, del punk rock, ecco per me si può parlare di punk rock!

“Down to the bone” è un album di musica da camera in cui rifai dei pezzi dei Depeche Mode. Hai ricevuto qualche commento da parte di Dave Gahan?

Dave Gahan, non ha mai ascoltato l’album, e nessun’altro della band l’ha fatto. Lo so per certo perché ho incontrato Daniel Miller il boss della Mute Records, a cui qualcuno aveva dato il mio disco e lui l’aveva ascoltato, così quando abbiamo avuto occasione di parlarne mi disse che gli era piaciuto molto. Mi confidò però anche che nessuno della band l’aveva voluto ascoltare e ho capito che questa era l’ultima cosa al mondo che avrebbero voluto, perché ci sono così tante cover dei Depeche Mode che spuntano ogni settimana in tutto il mondo, ed è pazzesco perché loro stanno suonando ancora queste canzoni da 25 anni, per cui quando tornano a casa non hanno nessuna voglia di ascoltare altri album che rifanno i loro pezzi.

Ti sei divertito però a fare quell’album?

Beh posso dire che ora è molto divertente eseguire questi pezzi live, mi piace suonarle di fronte ad un pubblico, cantare con lo stream player e il piano, questo è molto bello. Ma lavorare sul disco e registrarlo è stato veramente pesante, un incubo.

Mi ci sono voluti 8 anni, tempo per trovare gli strumenti adatti, gli arrangiamenti migliori, dei buoni musicisti, l’etichetta e ovviamente i soldi per registrarlo. Per cui è stato un lavoro terribilmente lungo. Inoltre è difficile cantare in studio, perché devi essere perfetto per registrare, ho impiegato ore e ore sempre sulla stessa canzone. E’ stato pesante, ma quando sono davanti ad un pubblico mi lascio andare e cerco solo di divertirmi anch’io.

Il tuo ultimo album “Nuage” raccoglie due colonne sonore che hai creato per il cinema. Me ne parli un po’? Ad esempio, hai visto il film prima di iniziare a comporre?

Si Nuage era la colonna sonora per un film dal medesimo titolo il cui regista è il francese Sebastien Betbeder. Ho lavorato con lui per tutto il tempo, ho creato la musica per quasi tutti i suoi film per cui conosco molto bene i suoi lavori e lui la mia musica. Il lavoro sulle musiche è cominciato prima che il film cominciasse ad essere girato, abbiamo prima chiarito l’ambientazione e poi insieme ci abbiamo lavorato da subito.

C’è addirittura una scena in cui io compaio e suono la chitarra in un live …

E com’è andata?

Mah, per me è stato terribile e credo che siano state eliminate molte parti delle riprese perché erano veramente pessime, io non dovevo dire assolutamente nulla, ma anche solo il modo di guardare in camera era tremendo, credevo di non farcela mai. Comunque abbiamo lavorato molto bene insieme anche perché il regista ,Sebastien, è appassionato di musica e sa bene quello che vuole e ciò che invece non gli piace, per cui è stato un procedere fianco a fianco sulla musica e spero che questa collaborazione prosegua ancora nel tempo.

Quando sei arrivato alla Fat Cat? E ti va di raccontarmi della terribile esperienza alla DSA?

Sono arrivato alla Fat Cat, semplicemente mandando loro una demo come chiunque altro, è stato tanto tempo fa, avevo appena fatto un album e l’etichetta non mi stava pagando, purtroppo questa è una storia che capita spesso, così mi guardavo intorno per cercarne una nuova per il secondo album.

Ho contattato credo 10 etichette ma Fat Cat mi rispose dopo circa 3 mesi dicendomi che per loro era ok e che erano favorevoli a realizzare un disco insieme. Ad ogni modo prima di loro io ero ancora registrato su un’altra etichetta, la DSA, e l’ultimo mio album stava per uscire lì, allora resi subito chiaro il fatto che nonostante ciò io volevo registrare ugualmente un album per Fat Cat.

Mi decisi a fare una sorta di Ep dal titolo “Un Autre Décembre” che uscì nel 2003, restando comunque ancora sotto contratto anche con DSA, io ho pensato ‘bene è una buona etichetta’, in realtà dopo pochi anni hanno smesso di pagarmi e quando uscì quell’album di cover dei Depeche Mode che vendette 9.000 o 10.000 copie, io non vidi un soldo e nemmeno ci conto più. Mi hanno dato 200 euro da poco, ma non c’è niente da fare è incredibile.

Ma si trattava di un’etichetta giovane? Non che questo giustifichi tale comportamento, ma magari può essere significativo in termini di serietà e affidabilità …

No, l’etichetta non era giovane, la DSA ha più di 25 anni … ho realizzato poi che avrebbero fatto lo stesso con chiunque altro. A meno che tu non lo sappia da prima. E’ pazzesco, non immagini il numero di case discografiche che non pagano i loro artisti, sono tante, anche le più grandi. Ho conosciuto molti musicisti che escono per loro e che mi hanno detto, sanno perfettamente che non verranno mai pagati per le vendite … per cui ‘benvenuto nel club mi dico’ …

Hai mai sentito parlare della youtube orchestra? Un’orchestra i cui musicisti vengono reclutati da tutto il mondo solamente attraverso dei video su youtube. Cosa ne pensi?

Sono molto attratto da youtube, ma non sapevo nulla di questa storia, anzi grazie, wow potrebbero anche creare una sorta di orchestra di persone che suonano in luoghi separati e allo stesso tempo puoi sentire ciascuno suonare in modo indipendente. Mi piace certa musica che trovo su youtube, a volte ci sono delle cose incredibili, ad esempio hai mai sentito di questo tizio Jerry Philips, lui crea musica solamente con le mani facendo pressione l’un l’altra. Ma ce ne sono moltissimi altri sul genere che mi fanno impazzire.

Io ho in mente ora di un tizio, tale monssieur trompette che suona qualsiasi melodia attraverso i claxon che ha appesi su tutto il corpo …

Si si l’ho visto incredibile, è una sorta di virtuoso del claxon … un’altra cosa che mi lascia sempre a bocca aperta sono le “rap battles” , in cui rapper si sfidano improvvisando e il pubblico sceglie applaudendo il preferito. So che ora si sfidano anche attraverso i video su youtube. Anch’io vorrei partecipare una volta, mi piacerebbe davvero! Appena arrivo a casa me ne guardo uno!



Intervista a cura di Daniela Cia (RADIO BUE)

Riprese e montaggio del clip di Giulia Tirelli
Video realizzato in collaborazione con Laboratorio Punto Video Toselli/Punto Giovani





martedì 3 marzo 2009

Pulse #106: LIBRARY TAPES (SWE, Resonant) MAR 03.03.09 @ A.S.U.

Pulse #106





LIBRARY TAPES
(SWE, Resonant)
MAR 03.03.09 h.21.30 @ A.S.U.
via Santa Sofia 5, Padova

http://www.myspace.com/librarytapes
http://virb.com/librarytapes


Newsletter lampo, come anche sono stati i tempi di imbastimento di questa data, cadutaci tra capo e collo, ma che volentieri incastoniamo nell'occhio di portico che più ci è caro, in Via Santa Sofia 5, all'A.S.U.

(segnaliamo tra l'altro che l'associazione, sempre martedì, alle 18 propone anche la presentazione Biologicamente: siamo quello che mangiamo, consumo critico e G.A.S.)

L'artista si inserisce nel filone che quest'autunno abbiamo approfondito con Rafael Anton Irisarri (non a caso il suo agente per il Nord America) e Sylvain Chauveau (che ancor meno casualmente suona la chitarra in un brano della recente uscita Fragment), ma non finiscon qui richiami e connivenze con personaggi noti, alcuni già ospiti pulsivi in anni passati, come Colleen che attivamente compare in Feelings For Something Lost, o il Tim Hecker meno dannoso agli altoparlanti.

La sua è musica che si rifa, più o meno direttamente, al minimalismo per piano di icone come Philip Glass e Max Richter, cui si aggiungono riferimenti più recenti come Eluvium, A Silver Mt. Zion, Haines o il fondatore dei Deaf Center, Erik Skodvin, specialista e pioniere di nordiche atmosfere brumose, anch'egli presente in Feelings For Something Lost.
La materia prima dunque è ancora il pianoforte, caldo, delicato ed elegante
L'utilizzo di field recordings e di inserti elettronici è massivo, ma mai soverchiante e conferisce corpo e superficie alle melodie ora malinconiche ora luminose del piano e occasionalmente di chitarra e violoncello.
per dirla con pitchfork:
"it's neither a stereotypically sad record nor happy one -- it's just human, highlighting emotional extremes to imply the whole range between them."

ascolto diretto:
http://www.myspace.com/librarytapes
http://virb.com/librarytapes