venerdì 18 dicembre 2009

pulse#120: AU (USA - Aagoo) @ Pixelle VE 18 Dicembre

ASU Associazione Studenti Universitari in collaborazione con Pixelle presenta:

Pulse#120:
AU(AaGoo, USA)

AU

weird / pop /(not so) quiet folk
www.myspace.com/peaofthesea/
http://www.au-au-au.com

Venerdì 18 Dicembre @ Pixelle, via Domenico Turazza 19 int.4 h.22.30


Concludiamo la mesata di dittonghi con quello discendente di AU (in
realtà, vedendola dalla prospettiva anglofona, trattasi di ei-iu. Trittongo? )
A maggio scorso erano stati già ospiti pulsivi, sul palco dei carichi sospesi, un caldo come pochi, ma ne era valsa assolutamente la pena: da un lato il genio compositivo generosamente pop del polistrumentista Luke Wyland, dall'altro l'estrosità di uno dei batteristi più coinvolgenti e talentuosi recentemente visti, Dana Valatka (già in Jackie-O-Motherfucker).
All'epoca di tale data l'album che veniva portato in tour era "Verbs", risultato del contributo di moltissimi artisti di Portland coagulatisi attorno al capofila Wyland,
e la domanda che ci si poneva era come sarebbe stata resa tale coralità in un live a due.
La risposta, ex post, la si poteva riassumere in "Non lo so, ma spaccavan di brutto".
Il concerto ai carichi era finito inaspettatamente con il pubblico entusiasta raggruppato sulla scena che urlava, incitato dai due musicisti, cose che a PD fan sempre un certo scalpore, pur lasciando inevitabilmente un retrogusto catartico da terapia di gruppo (nulla da rimproverare agli AU, anzi... è il contesto padovano che difficilmente si lascia andare, e quando succede non ci si può che auspicarne un effetto terapeutico).

Nel frattempo l'estate è passata, è arrivato l'autunno: ad ottobre e novembre gli AU hanno aperto il tour americano di WHY? (Anticon). E leggendo in rete pare che gli abbiano pure rubato la scena...
Ad ottobre è pure uscito un loro ep,"Versions", accolto bene da Pitchfork e benissimo, qui da noi, da Blow Up (8 sul numero di novembre, vedi più
avanti lo stralcio di recensione).


Trattasi in realtà per buona metà di brani dal precedente Verbs, rivisti in chiave duo, probabile fall out dell'esperienza e della consapevolezza scaturita dai numerosi live che han coinvolto intensivamente Luke e Dana nell'intervallo tra le due pubblicazioni, come se i nostri avessero semplificato sopra e sotto elementi ritenuti ora superflui lasciando la sostanza, strumenti e la bellissima voce di Wyland in primo piano, arrangiamento accurato ma mai ridondante.

Ve ne proponiamo una recensione del sempre puntuale SentireAscoltare.

Skippando al finale, gli AU tornano in tour in Europa dopo meno di sei mesi, e data la rara bellezza del live e dei brani proposti dalla band, abbandoniamo la tipica reticenza a ripeterci in tempi così ravvicinati e quindi ci si vede lì!

Per tutti, prezzo egualitario: 6 euro.
+ tessera arci, of course



Per ora Pulse va in vacanza, non senza un piccolo presente, ovvero una combo video + intervista risalente ad ormai più di un anno fa, il video è quello del brano Fools, tratto dal concerto è quello dei DODOS, datato novembre 2008; il tutto ovviamente impacchettato sul Blog, per l'esattezza
QUI

qui invece un po' di recensioni, la prima da Blow Up, su Versions:


"Luke Wyland è uno straordinario talento di Portland... Ha tre dischi bellissimi alle spalle... Ha uno sviscerato interesse per tutto lo sperimentalismo americano, per la forma canzone corrotta e per la teatralità.
Insomma, un piccolo genio. Questo straordinario EP, ennesima dimostrazione della contagiosa inventiva sottesa al progetto, propone oltre a uno splendido inedito a nome Ida Walked Away, una serie di radicali stravolgimenti di brani tratti dalla produzione precedente.
Alla grossa potresti dirlo folk, ma contaminato di ascendenza colte e di quell'attitudine agli scompaginamenti della forma che sono propri dell'avanguardia e del jazz... fifties lounge, oscillazioni elettro-Umiliani, slide guitar perse nell'iperspazio, misticismi Popol Vuh, romanticismi Mercury Rev, carioca, vaudeville, Nino Rota, minimalismi mertensiani, tripudi di Hamond, suggestioni balcaniche..
E poi disarticolazioni elettroacustiche, strumenti trovati, declinazioni
populiste, ebbrezze sboccate, fantasmi canterburyani... Rispetto a quelle edite, queste versioni sono se possibile ancora più splendenti, sentite, imprescindibil... E investitti da tanta creatività non si può che pensare e sperare che ne vedremo ancora delle belle"
(8) P.Pardo, Blow Up novembre 2009


la seconda su Verbs:

Un delizioso coro di più di 20 persone da un lato e la tensione attutita di una malinconica ninna-nanna dall'altro.
Tra questi estremi così distanti si muove la sconcertante espansione estetica di Verbs, il nuovo lavoro dell'acclamato collettivo pop sperimentale di Portland Au (pronuncia "ay you"), che con le sue vorticose profondità ed intelligenti intuizioni promette di essere una delle sorprese più appaganti dell'anno.
Dopo l'esordio omonimodello scorso anno, l'architetto degli AU, Luke Wyland, ha fatto dei passi enormi per andare oltre la schiva sensibilità di quel disco e si è spinto verso nuovi confini.
Questo ha significato, in pratica, mettere insieme una vera e propria band - il cui fulcro è rappresentato dai polistrumentisti Johnathan Sielaff e Mark Kaylor - ma anche, in termini più ampi, aprirsi alle considerevoli risorse musicali di Portland.
Di conseguenza, Verbs è ricco dei contributi forniti da quasi trenta musicisti, in una lista che include le vocalist Sarah Winchester (A Weather) e Becky Dawson (Ah Holly Fam'ly, Saw Whet) oltre a, tra gli altri, membri di Yellow Swans, Parenthetical Girls ed Evolutionary Jass Band, il tutto a creare l'istantanea di un particolarissimo angolo dell'estesa comunità musicale della città.
Il disco che ne viene fuori - registrato nel corso di tre giorni ai Type Foundry Studios di Portland e finito nei due mesi successivi nello studio di Wyland - scorre tra estremi originali e improbabili e così jam pop come "RR vs D", si trovano assolutamente a proprio agio vicino alle meditazioni di "Two Seasons" e "Summer Heat". Inoltre, i diversi movimenti del disco lavorano in modo coeso e autonomo più che in passato, grazie anche agli arrangiamenti che si sviluppano per tutta la lunghezza dell'album.
Verbs è l'evoluzione entusiasta di tutti quei diamanti di pop asimmetrico che brillavano già nel debutto, le cui gemme calde e in stile Appalachi hanno trovato
corrispondenti con i suoni di Arnold Dreyblatt, Animal Collective, Terry Riley, Steve Reich e Grizzly Bear.
Le sue soluzioni inaspettate, guidate dalla mano sicura, competente e "classica" di
Wyland, ci regalano un disco sorprendente ed immediato al tempo stesso, carico di gioia
onesta e palpabile e che chiede solo di essere ascoltato.











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